domenica 20 novembre 2016

Step 4: Il mito si tinge di nero.

I colori assumono oggi dei significati fortemente simbolici. Ciò avveniva anche in passato, quando, allo “strumento” evocativo che sono appunto i colori, ne veniva associato un altro altrettanto suggestivo: il mito.
Il colore nero è protagonista di molti racconti appartenenti alla mitologia di tutto il mondo.
Nella mitologia egizia, ad esempio, viene associato ad una delle divinità principali: il dio- sciacallo Anubi. Per comprendere le origini della sua natura si deve fare riferimento alla storia del suo concepimento e della sua nascita. Sua madre Nefty era l’ultima dei quattro figli della Dea del cielo, sorella di Iside, Osiride e Seth; Iside e Osiride erano sposati e profondamente innamorati, mentre Seth e Nefty erano stati costretti al matrimonio. Spinta dal suo amore segreto per Osiride, Nefty decide una notte di travestirsi da Iside, e di sdraiarsi accanto ad Osiride. Questi, avendola scambiata per la sua sposa, si accorge solo al mattino dopo della sua vera identità, e la caccia infuriato, temendo l’ira di Seth e della moglie. Nefty allora va a nascondersi tra i canneti delle paludi, dove scopre di aspettare un figlio, che però detesta; alla sua nascita quindi lo abbandona, sperando che i coccodrilli del Nilo se ne cibino. Ciò non avviene, e il neonato viene trascinato a riva proprio da un coccodrillo, e accolto da una famiglia di sciacalli. Venuta a sapere dell’accaduto, Iside decide di perdonare Nefty e di riconoscere il bambino ma, non appena lo vede, non riesce a trattenere lo stupore davanti alla vista di qull’essere sporco e irriconoscibile ed esclama “In-put?” (è lui?), ovvero Anubi. Così viene chiamato il neonato, che si presenta con la testa di sciacallo per omaggiare la sua prima famiglia. Cresciuto, inventa l’imbalsamazione per preservare dalla corruzione il corpo di suo padre, Osiride, ucciso da Seth e gli viene affidato il compito di traghettare i defunti attraverso le vie della Duat, l’Oltretomba egizia, oltre che di sostenere la Sacra Bilancia, nel Tribunale di Osiride, su cui si pesava il cuore del defunto per concedergli oppure negargli la vita eterna.
Anubi è raffigurato con testa di sciacallo o sciacallo dal colore nerissimo, in ricordo, forse, della sua vita infantile trascorsa tra quegli animali. Il suo colore nero, però, non è quello del lutto (che è, invece, il bianco), ma è quello del bitume, necessario all’imbalsamazione, per cui il nero diventa il colore della Rinascita.

Egli stesso era una Divinità della Rinascita e il Sacerdote funerario che presiedeva all’imbalsamazione di un cadavere, indossava la sua maschera.
Divinità dai molteplici aspetti, gli furono attribuite diverse funzioni: Patrono dell’Imbalsamazione, Traghettatore dei defunti, Reggitore della Sacra Bilancia, Signore della Necropoli, Signore dell’Aldilà.




 Il nero è presente anche in un mito di carattere fislosofico: il mito della biga alata, tratto dal Fedro, di Platone. Il mito parla della tripartizione dell’anima, paragonandola ad una biga alata guidata da un auriga e  trainata da due cavalli, uno bianco e l’altro nero. L’auriga rappresenta l’anima razionale, la ragione, capace di condurre i cavalli verso la perfezione dell’iperuranio (info su Platone). Il cavallo nero simboleggia l’anima concupiscibile, la passionalità, gli istinti, che cercano di riportare la biga verso il basso, mentre il cavallo bianco simboleggia l’anima irascibile, che asseconda talvolta l’auriga e talvolta il cavallo nero.

Un altro mito in cui troviamo il colore nero (assieme ad altri colori) è quello che narra la nascita dell’universo presso la popolazione azteca.
In principio, la materia si presentava come qualcosa di indefinito e di divino, fino a quando le due divinità primordiali (Signore e Signora della nostra carne) si uniscono per dare origine a quattro figli, che indicano le quattro direzioni dell’universo: Tezcatilipoca Rosso (Oriente), Tezcatilipoca Bianco (Occidente), Tezcatilipoca Blu (Sud) e il più terribile di tutti, Tezcatilipoca Nero (Nord). I quattro fratelli decidono di dare origine alla formazione delle cose. Tezcatilipoca Nero si trasforma nel Sole, per porsi al di sopra e troneggiare sugli altri fratelli, ma viene colpito da un bastone da uno degli altri fratelli, e cade in acqua trasformandosi in giaguaro e divorando la prima comunità “umana” formata da giganti. Tezcatilipoca Bianco crea il secondo sole, e popola il mondo di gente ordinaria e contadina; allora Tezcatilipoca Nero scatena un vento fortissimo che travolge il secondo sole, e trasforma tutti gli uomini in scimmie. Il terzo sole viene creato da Tezcatilipoca Blu, e con esso una nuova stirpe di uomini, trasformati poi dal Bianco in tacchini, farfalle e cani. Infine il Rosso crea il quarto sole, distrutto da un grande diluvio causato dagli altri tre fratelli, che tramuta i nuovi umani in pesci.
Non essendo arrivati ad un risultato, i quattro decidono di collaborare delimitando i quattro punti cardinali; infine si dividono i gli incarichi: Tezcatilipoca Nero e Tezcatilipoca Rosso diventano rispettivamente Signore del cielo e degli astri, Tezcatilipoca Blu Signore delle acque e Tezcatilipoca Rosso è il definitivo Signore del Sole.
                                                 Tezcatilipoca Nero

Infine, a proposito del nero, non potevo non citare la leggenda della Madonna Nera del Tindari, venerata nella zona del messinese, nella mia Sicilia. Un giorno, una madre si reca assieme al suo bambino ad ammirare la Madonna nera, nel suo santuario vicino al mare. Alla vista della statua però ne rimane delusa, nonostante sulla base sia incisa la frase “Nigra sum sed formosa” (“Sono nera ma bella”), e afferma “Hàju vinutu di luntana via ppi vidiri a una cchiù brutta ri mia!” (“Sono venuta da lontano per ammirare una Madonna più brutta di me”). Pronunciate queste parole, non fa in tempo a girarsi che vede suo figlio sbattuto tra le onde del mare sottostante, e subito prega la Madonna di salvarlo. La Madonna allora, ignora le precedenti parole della donna, e va in suo aiuto facendo prosciugare la parte di mare nella quale si trova il bambino, che si ritrova improvvisamente seduto su un lembo di sabbia. A prova della leggenda si possono ammirare i laghetti di Marinello, circondati da banchi di sabbia uscenti dal mare.

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