domenica 27 novembre 2016

Step 6. Il colore della fisica: i buchi neri.

Quando si associa il colore nero al contesto scientifico, lontano da quello dell’arte o della cultura popolare, non si può non fare riferimento al mondo fisico e alla teoria dei buchi neri.



La teoria dei buchi neri si fonda sulla teoria della gravitazione, formulata da Albert Einstein agli inizi del ‘900. Questa teoria va ad affiancare/sostituire per certi aspetti la teoria Newtoniana, secondo la quale la gravità crea un campo simile a quello prodotto da un magnete (detto appunto campo gravitazionale), che fa si che ciascun corpo dotato di massa (ad esempio la Terra) eserciti su un altro corpo una forza attrattiva, e che quest’ultimo ne eserciti una sul primo di intensità uguale ma di verso contraio. Einstein sostiene invece che tutti i corpi massivi, curvino lo spazio attorno a loro, come fa ad esempio una palla poggiata sul materasso. Inoltre, la relatività generale ipotizza che un corpo massiccio sufficientemente grande, come ad esempio una stella può collassare su se stesso fino a concentrarsi in un punto a densità infinita, chiamato singolarità. La singolarità deforma così pesantemente lo spazio attorno a sé che neppure la luce - se vi passa sufficientemente vicino - può uscirne. E così siamo in pratica arrivati a immaginare un buco nero.
Vent’anni dopo molti fisici cominciarono ad interessarsi al fenomeno dei buchi neri: lo statunitense John Wheeler (che darà il nome ai buchi neri),l’inglese Roger Penrose, il sovietico Yakov Zel'dovič e successivamente Dennis Sciama e Steven Hawking. Quest’ultimo inizia ad approfondire la teoria del Big Bang, paragonandolo ad un buco nero al contrario: tutto ha origine da una singolarità (anziché ridursi in essa). Inoltre, intuisce che un buco nero non può mai restringersi, ma solo aumentare le sue dimensioni, proprio perché tutto ciò che passa nelle sue vicinanze viene risucchiato; che un buco nero non può spezzarsi, neanche collidendo con un altro buco nero; chiama il confine “orizzonte degli eventi” ed accosta l’espansione di quest’utlimo al concetto di entropia: anche l’universo diventa sempre più disordinato ingrandendosi.
Il fisico israeliano Jacob Bekenstein, contesta la connessione tra buchi neri ed entropia, ipotizzando che la dimensione del buco nero fose solamente la misura dell’entropia del buco nero stesso. Hawking ribatte che affinchè il buco nero abbia un’entropia, deve avere necessariamente una temperatura, e quindi irradiare energia… e ciò va contro la definizione stessa di buco nero, dal quale non esce nulla.
Successivamente, lo stesso Hawking ammette di aver sbagliato: parte dal presupposto che lo spazio sia popolato da coppie di particelle di materia e antimateria, che si annullano l’una con l’altra talmente velocemente da non venire nemmeno percepite, e per questo sono chiamate particelle virtuali. Secondo Hawking queste particelle possono diventare reali se nascono nelle vicinanze di un buco nero, cosicchè una delle due “metà” venga risucchiata, e sia possibile percepire l’altra; ma se il buco nero assorbe la particella di antimateria, l’energia totale del buco nero diminuisce, e così la sua massa.
Il risultato di questo ragionamento è che il buco nero deve irradiare energia (la radiazione di Hawking) e può diventare sempre più piccolo. Ecco dunque che Hawking confuta la sua stessa idea di partenza, che voleva i buchi neri in espansione continua.


Nel 1974, Hawking e il fisico Jacob Bekenstein formulano una teoria secondo la quale i buchi neri perdono progressivamente energia e massa fino a svanire completamente nel nulla, come se “evaporassero”. Secondo questa teoria, i buchi neri potrebbero distruggere tutta l'informazione sulla materia caduta al loro interno, il mondo quindi non sarebbe deterministico, teoria estrema confutata da moltissimi scienziati.

Nonostante ciò quest’anno il fisico Jeff Steinhauer è riuscito in qualche modo a provare questa teoria, riproducendo in laboratorio una sorta di buco nero. Steinhauer osserva il comportamento differente delle particelle in prossimità del modello del buco nero: una cade dentro al buco, l’altra riesce a fuggire portando con se anche l’informazione della particella risucchiata.






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