Contro
ogni aspettativa, il colore nero è ed è stato utilizzato nell’architettura di
ogni epoca e cultura.
Partendo
dai giorni nostri, un edificio molto particolare in cui possiamo ammirare il
colore nero è la “Piano House”, inaugurata nel 2007 e progettata dai designer
dell’ università della tecnologia di Hefei. Si trova nella città cinese di
Huainan ed ospita eventi di ogni tipo, dai meeting aziendali alle cerimonie, fungendo
anche da scuola di musica (infatti al suo interno si possono trovare tutti gli
strumenti musicali esistenti). È architettonicamente costituita da due
strumenti musicali: la parte principale è un enorme pianoforte nero lucido
realizzato in scala 50:1, le cui coda e testiera sono collegate da un gigantesco
violino di vetro trasparente all’interno del quale sono situate le scale. È particolarmente
suggestiva la vista notturna dell’edificio, illuminato da luci colorate, che
rappresenta un tributo non solo al mondo della musica ma alla bellezza in sé.
Un
altro edificio in cui il nero funge da protagonista è la Biblioteca Reale di
Copenhagen, in Danimarca. Fondata dal re Federico III, la biblioteca è
costituita da due edifici: la sede principale nell’Isola del Castello,
realizzata nel 1906, e la moderna struttura progettata negli anni ’90 dagli
architetti Schmidt Hammer & Lassen. Quest’ultima è denominata “Diamante
nero” perché realizzata in granito nero dello Zimbabwe e vetro affumicato,
caratteristiche che gli consentono di cambiare colore durante le ore del giorno
a seconda dell’intensità della luce che arriva sulla superficie. All’interno vi
è un enorme atrio di otto piani, che favorisce l’ingresso della luce nello
spazio interno, completamente bianco.
Spostandoci
di qualche latitudine e cambiando completamente cultura, troviamo in Arabia
Saudita la Ka‘ba (dall’ arabo “cubo” o “dado”), situata al centro della Sacra
Moschea all’interno della Mecca e ritenuta il luogo di culto più sacro dell’Islam. E’ di
colore nero perché rivestito dalla kiswa, un tessuto di broccato di seta nera
intessuto da lamine d’oro che riproducono versetti del Corano. All’angolo
destro della Ka‘ba è incastonata la Pietra Nera, che i fedeli baciano
rapidamente durante il loro pellegrinaggio.
Sappiamo
con certezza che il nero veniva utilizzato in campo architettonico anche presso
gli antichi romani, come riportato da Marco Vitruvio Pollone nel suo trattato “De
Architectura”. In particolare nel settimo libro tratta l’utilizzo dei colori
come rivestimento (intonaci o pavimenti) negli edifici privati.
Troviamo
riferimenti al colore nero nel capitolo 10:
“Veniamo
ora a quelle sostanze che attraverso particolari processi di lavorazione
acquistano da altre le caratteristiche coloranti; e innanzitutto parliamo del
nerofumo che è di largo impiego e molto utile nelle costruzioni, affinché si vengano
a conoscere le tecniche e il procedimento per poterlo ottenere.
Si
costruisca una stanza simile a un laconico, ben definita a stucco marmoreo e
ben levigata. Davanti ad essa si disponga una piccola fornace con degli sfiati
che diano nel laconico e dopo avervi introdotta della resina si chiuda con cura
la bocca del forno perché la fiamma non si disperda all’esterno. Il calore del
fuoco farà sì che questa liberi attraverso gli sfiati che danno nel laconico
una fuliggine che si andrà a depositare sulle pareti e sulla volta della
stanza. Raccolta poi questa fuliggine in parte verrà impiegata per produrre
inchiostro dopo averla impastata con gomma e in parte verrà utilizzata per la
decorazione delle pareti mescolandola con la colla.
Per
non ritardare i lavori in mancanza del nerofumo si può ricorrere a questa
alternativa: si brucino dei sarmenti di vite o delle schegge di legno resinoso,
e quando si sarà formata la brace, la si spenga e la si frantumi mescolandola
con la colla; si otterrà così un colore tutt’altro che disprezzabile per l’impiego
negli intonaci. Lo stesso lo si può ottenere facendo seccare e cuocere nella
fornace la feccia del vino da mescolarsi poi con la colla e quindi da
utilizzare sfruttando le sue tonalità di nero particolarmente gradevoli; anzi,
quanto migliore sarà la qualità del vino, tanto più lo sarà la tonalità del
colore, più vicino all’indaco che al nero. “
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